sabato 13 dicembre 2014

Il Malocchio: i rimedi popolari sardi per curarlo e prevenirlo

Il malocchio "s'ogu malu": è una delle massime espressioni della cultura popolare sarda costituita da una serie di credenze, rituali, pratiche esoteriche e tradizioni legate alla cura e prevenzione di questo"male" influenzando sia la vita quotidiana, sia gli eventi cardine della vita agro-pastorale come una nuova nascita.


Il malocchio è, comè noto, la pratica di causare danno agli altri con lo sguardo , si dice infatti  che gli occhi abbiano la capacità di trasmettere all'esterno le forze interne del corpo, anche quelle malevole. Oltre allo sguardo anche  le parole possono generare quella negatività che porta al malocchio. Esso è generalmente  generato da un sentimento di invidia verso i beni della persona in questione: la bellezza, i soldi, i possedimenti, i bambini sono solo alcuni esempi. In campidanese, il malocchio è detto ‘s’ogu malu’, ocru malu nel nuorese, ogru malu nel logudorese e fare il malocchio si dice ‘ ponniri s’ogu’, ‘oghiai’, oppure ‘iscorai de ogu’ (mettere l’occhio, adocchiare, e colpire al cuore con l’occhio). Chi è colpito dall’occhio,’fertu a ogu’, viene identificato tra le altre cose da una serie di eventi più o meno inspiegabili e insoliti come oggetti che si rompono da soli, piante che si seccano, animali che giacciono a terra in totale inedia.Il malocchio non può essere fatto da un membro della propria famiglia: due persone che hanno lo stesso sangue non hanno la capacità di gettare l’occhio l’una sull’altra, ed è sempre un esterno a farlo (intendendo per esterno anche un cognato, o una nuora).
 
Il Malocchio nell'antichità: Si parla di Malocchio anche nella mitologia dei popoli antichi, lo sguardo rabbioso delle donne dell'Illiria poteva uccidere, il gigante Balor delle leggende celtiche poteva addirittura  trasformare il suo unico occhio in un'arma letale e Medusa aveva la capacità di tramutare in pietra chiunque incontrasse il suo sguardo. Il potere degli occhi viene attribuito soprattutto agli esseri umani sospettati di stregoneria, in particolar modo alle donne.
 
Prevenzione del Malocchio:
  Secondo l'antica tradizione popolare, il Rito Magico contro il Malocchio elimina l'influenza negativa causata da sentimenti negativi di invidia e gelosia, ripulendo l'Aura, riportando il soggetto nello stato psicofisico di prima, cessando immediatamente gli eventi nefasti di cui era vittima .
Esistono diversi modi per proteggersi dal malocchio, nella tradizione popolare troviamo un sistema che consiste nell'inviare un fiore per nove giorni consecutivi alla persona che ci ha fatto il maleficio. Il metodo funziona soltanto se i fiori sono inviati con un sentimento di sincera amicizia.
Il più delle volte il malocchio agisce sulla sfera sessuale: ecco perchè, secondo una vecchia usanza, toccandosi i genitali si viene protetti dal malocchio.  L’altro sistema fondamentale di difesa, è costituito da tutta una serie di oggetti come gli amuleti e gesti apotropaici destinati ad annullare qualunque possibile influsso malefico proveniente dagli altri.Tra gli amuleti, un discorso a parte merita tutta la tradizione orafa che prevedeva l'utilizzo di specifiche pietre e lavorazioni particolari.
Nota in Sardegna come anti-malocchio per eccellenza, è la pietra nera in gavazzo o giaietto (lignite picea), onice, ossidiana;  tonda, sempre incastonata in prata (cioè in argento, perché si credeva avrebbe perso il suo potere se legata in oro).
La sabegia simboleggia il globo oculare, nella fattispecie l’occhio buono che si  contrappone a quello cattivo attirandone lo sguardo; la sua funzione consiste nel salvare chi ne è munito, spaccandosi al posto del cuore della persona “guardata”.
Sa sabegia veniva appesa alle culle, mentre i bambini più grandicelli la portavano generalmente al polso, legata con un fiocchetto verde e veniva loro tradizionalmente regalata dalla nonna o dalla madrina di battesimo.
Le donne invece la esibivano al collo o appesa al corsetto. 
Amuleto naturale contro il malocchio è ‘s’ogu de Santa Luxia’, l’occhio di Santa Lucia. Questo è l’opercolo di un mollusco marino, caratterizzato dalla forma ad occhio, appunto, che si trova facilmente sulle spiagge sarde: la sua funzione è, come quella delle Sabegias, di simboleggiare un occhio buono che annulli il malocchio. A differenza degli amuleti precedenti, però, gli occhi di Santa Lucia possono essere sia indossati come gioielli che tenuti nascosti.
 
Cura del Malocchio
 nel caso in cui il malocchio sia stato trasmesso, esistevano una serie di riti codificati da una ricca tradizione tramandata oralmente per via femminile.
 Nei paesi sardi la donna ha la prerogativa di essere sia soggetto che oggetto del malocchio: è colei che è più esposta al rischio del malocchio ma è anche colei che getta il malocchio più potente. È sempre in linea femminile che vengono ereditati gli oggetti magici, gli amuleti, che preservano dal malocchio ed è sempre la donna che gestisce la vita e la morte attraverso la pratica della “medicina dell’occhio”.
 Sono conosciuti oltre venti rituali contro il malocchio, ma in tutti i casi vi sono sempre presenti i seguenti elementi: i “brebus”, preghiere quali il Padre Nostro, l’Ave Maria, la recitazione del Credo, spesso assieme all’uso di grano, acqua, sale, olio, orzo, riso, pietra, corno di muflone, di cervo o di bue, l'occhio di Santa Lucia, il carbone e la carta. Per conseguire la guarigione il rito va ripetuto da un minimo di tre ad un massimo di nove volte. Per la risoluzione dei casi più gravi in genere è previsto l’intervento di tre diversi operatori.

Tra gli scongiuri rivolti al possibile portatore di malocchio ricordiamo l’uso di sputare per allontanare il male, attestato in Sardegna da un manoscritto anonimo del settecento, toccare un oggetto di ferro, di corno o le parti genitali, bestemmiare al suo passaggio, tirar fuori velocemente la punta della lingua per tre volte, oppure fare le fiche al suo indirizzo a fura (di nascosto), ecc. Il fare sas ficas è usanza diffusa sia fra gli uomini che fra le donne, tale uso era certamente noto anche a Cagliari, dove i vecchi ricordano il detto “Ti dexit comenti sa fica in s’ogu” (ti giova come la fica nell’occhio).
 
 Mejina de s’ogu’ , la medicina dell’occhio
 
Comune alle varie versioni del rito sono la presenza dell’acqua (che viene spesso incantata da una formula, ripetuta tre volte, del tipo ‘Eo, abba, ti battizzo in nomine de Deus e Santu Juanne Battista? ‘io, o acqua, ti battezzo in nome di Dio e S.Giovanni Battista-). Si inizia poi il rituale secondo una gestualità molto precisa : si tracciano continue croci nell’aria, sul recipiente utilizzato, o sull’affatturato e si ripetono  formule segrete dette oraziones o pregadorias. Si mettono tre chicchi di grano nel bicchiere, facendosi tre volte il segno della croce, e se i chicchi si gonfiano o si presentano delle bollicine è presente il malocchio. In questo caso, si beve l’acqua, o la si butta alle spalle, o si toglie il malocchio con un occhio di Santa Lucia che si immerge nel bicchiere.
Un'altra versione prevede l’uso di olio, che viene versato tracciando una croce su un piatto o un bicchiere pieno d'acqua salata: tre gocce d'olio cadono dall’indice destro dell’esecutrice e dal comportamento delle gocce si definisce il grado di malocchio che ha colpito il malcapitato.
Il bicchiere deve poggiare, in questo caso, su un oggetto dell’infermo. Se il caso è molto grave, gli si pone il bicchiere sulla testa e gli si asperge il corpo con la pozione ottenuta. A seconda del paese in cui si va, si utilizzano ciottoli di mare, braci accese, pietre magiche con una croce incisa. La figura rotonda delle bollicine richiama l’occhio, che allontanandosi dal chicco si allontana anche dall’infermo.

Is brebos, ossia le formule magiche, sono segrete, e rivelarle le priverebbe del potere: anche durante il rito si pronunciano a bassissima voce, per non farle sentire a nessuno .

Ippocrate,460a.C

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